Presentazione di Gesù al tempio


Il dipinto raffigura la Presentazione di Gesù al tempio narrata nel Vangelo di Luca. Nella tradizione ebraica ogni primogenito maschio doveva essere presentato al tempio con un'offerta entro il quarantesimo giorno dalla nascita, periodo corrispondente alla Purificazione rituale della puerpera. Nella Chiesa dedicata a Maria parve importante alla confraternita scegliere questo significativo momento della vita sia per Maria che per il Figlio. Il Campi sviluppa il tema assegnatogli con una composizione centrale e simmetrica. L'impianto quadrato dell'ambiente indica che la struttura lignea alla quale era destinata doveva essere sormontata da una trabeazione e da un timpano nel quale avrebbe trovato posto Dio Padre, oltre a due altre tavole laterali con santi proposti dalla confraternita. Del timpano e delle due tavole citate nell'atto di commissione non si ebbe mai traccia.

La scena centrale


Al centro il Bambino, allontanandosi dal vecchio sacerdote Simeone, sembra cercare riparo tra le braccia di Maria. Poggia i suoi piedini su una ricercata tavola che funge da altare.

Le tre coppie di personaggi


Fanno da sfondo altri sei personaggi dagli atteggiamenti spontanei disposti simmetricamente rispetto alla scena centrale. Tutte le figure esprimono profonda spiritualità attraverso gesti pacati e sguardi intensi.

La coppia a sinistra


Due personaggi a sinistra partecipano alla scena scambiandosi uno sguardo forse di domanda sulla straordinarietà dell'evento.

Le due donne


Al centro due donne di cui la più anziana è riconducibile alla sacerdotessa Anna. La giovane ancella pare ascoltare con un gesto di stupore rispettoso le parole di Anna che rivelano l'identità del bambino.

La coppia a destra


Il personaggio assorto con il mantello giallo può essere identificato con san Giuseppe; anche l'altra figura esprime un'intensa emozione che scaturisce dal mistero cui assiste.

L'arredo


Sul lato superiore la smerlatura del baldacchino inquadra la scena come una cornice.

L'arredo


La grande ara centrale, coperta da un tappeto rosso con frange dorate e da una tovaglia bianca, poggia su zampe leonine; rimanda all'arredo rinascimentale contemporaneo al pittore.

Scheda tecnica


L'autore


Bernardino Campi vissuto tra il 1520 e il 1591, è uno dei più caratteristici esponenti del Manierismo nell'Italia settentrionale.Le sue prime opere sono realizzate a Cremona e a Caravaggio dopo di che il pittore si trasferisce a Milano alla corte del Governatore Ferrante Gonzaga, dove si fa conoscere come ritrattista e come decoratore, attirando nella sua orbita giovani artisti locali come Giovan Paolo Lomazzo con cui, in un momento successivo, romperà i rapporti. Bernardino risiede a Milano fino al 1565, essendosi guadagnato la protezione di Ferdinando Francesco d'Avalos, marchese di Pescara, nuovo governatore dello stato di Milano. In questi anni milanesi esegue anche diverse pale d'altare, tra cui la Presentazione di Caronno.


Il committente


Con un atto notarile dell'8 febbraio 1560, il dipinto viene commissionato a Bernardino Campi da Benedetto Turri priore e cassiere della Scola di Santa Maria, cui apparteneva la Chiesa.

Tra i testimoni compare Cristoforo Omati che con il fratello Cesare erano i signori del piccolo paese di campagna. Entrambi i fratelli Omati erano uomini d'arme, Cesare viene ricordato come capitaneus di Carlo V. Erano quindi introdotti alla corte di Ferdinando d'Avalos, governatore di Milano dal 1560 al 1563. D'Avalos stimava Bernardino Campi tanto che lo aveva nominato suo cortigiano, famigliare e domestico con salario, privilegi e onori. Possiamo quindi individuare nei fratelli Omati coloro che fecero da tramite tra il pittore e la Scola di Santa Maria.

Scheda tecnica


Descrizione


Gli affreschi occupano il presbiterio della chiesa: sulle pareti lunghe sono rappresentate la Natività e l'Adorazione dei magi sovrastate rispettivamente dallo Sposalizio di Maria Vergine e dalla Fuga in Egitto. Nelle vele della volta sono dipinti i quattro Evangelisti.


Autore


Giovan Paolo Lomazzo nacque a Milano nel 1538. Iniziò la sua attività di pittore nella bottega del pittore novarese Giovan Battista della Cerva, che aveva acquisito la bottega di Gaudenzio Ferrari. Fin dal 1560 circa cominciò a mettere per iscritto le sue idee artistiche, scrivendo prima il misterioso Libro dei sogni (rimasto inedito fino ad anni recenti) e poi il Trattato dell'arte della pittura (1584) e l'Idea del tempio della pittura (1590). In parallelo va ricordata anche la produzione poetica di Lomazzo, in versi italiani e dialettali, con rime di argomento grottesco, filosofico e critico-artistico. Per il resto molto poco si sa dei suoi anni giovanili, di cui egli stesso, nella sua tarda autobiografia in rima, accenna brevemente a pitture decorative non meglio specificate.
Sempre desideroso di arricchimento culturale attraverso la conoscenza delle opere dei grandi maestri, intraprese diversi viaggi: sicuramente fu a Roma (forse più di una volta) e, con ogni probabilità, anche ad Anversa (un soggiorno nel nord Europa potrebbe essere confermato da recenti ritrovamenti documentari riguardanti il suo maestro Della Cerva). In anni giovanili fu anche in rapporti con Bernardino Campi, autore della Presentazione della Vergine sull'altare maggiore della chiesa della Purificazione di Caronno, con il quale ebbe però in seguito rapporti assai difficili. Il ciclo di Caronno, eseguito, forse a più riprese, nei primissimi anni '60 del XVI secolo (è documentato un pagamento di saldo nel 1566) rappresenta una delle opere della fase giovanile del pittore, che risente ancora in modo eloquente dei modi luineschi e dell'incombente tradizione vinciana. Allo stesso modo, anche nelle non moltissime altre opere pervenuteci, Lomazzo mostra una versione del Manierismo abbastanza originale, in cui sono presenti la monumentalità e le anatomie Michelangiolesche, l'eredità evidente di Leonardo - che si riscontra ad esempio nell'uso sistematico del caratteristico "sfumato" - insieme a molti aspetti dell'arte di Gaudenzio Ferrari e prestiti dall'arte nordica, sia fiamminga sia tedesca. Oltre che in alcune tra le principali chiese di Milano, Lomazzo lavorò anche a Lodi e a Piacenza, eseguendo affreschi e pale d'altare in gran parte dispersi, anche a causa dei bombardamenti dell'ultima guerra che hanno cancellato la sua curiosa, monumentale Cena Quaresimale nel refettorio di Sant'Agostino a Piacenza. Perdute sono anche altre opere dipinte per il re di Spagna Filippo II, destinate all'Escorial.
Il suo ciclo pittorico più importante è senza dubbio quello della cappella Foppa nella chiesa di S. Marco a Milano (1570-71), con due Storie dei SS. Pietro e Paolo, una Gloria d'angeli e una pala d'altare con la Madonna e Santi. Poco dopo la conclusione di quest'impresa, una malattia agli occhi (1572) lo rese cieco ancora in giovane età.
Nulla resta della sua attività di ritrattista, che dovette portargli un certo successo: furono effigiati da lui personaggi di spicco come il cardinale Gerolamo Morone, il marchese di Pescara Francesco d'Avalos, due sorelle di Carlo Borromeo e diversi principi tedeschi. Fra i suoi allievi spicca la figura del milanese Ambrogio Figino.
A Caronno, insieme a Bernardino Campi, fu portato da Cesare e Cristoforo Omati, i signori del paese, che frequentavano il D'Avalos, Governatore di Milano. Fino a qualche anno fa poco si conosceva del Lomazzo pittore, che era invece più noto per i suoi trattati teorici. Fu un personaggio di spicco nell'Accademia dei Facchini della Val di Blenio, un cenacolo stravagante e anticonformista di cui fecero parte altri pittori (Aurelio Luini, figlio di Bernardino, il genovese Ottavio Semino), scultori (il milanese Annibale Fontana), poeti, attori teatrali e artigiani di lusso di fama europea (gioiellieri, ricamatori).
Giovan Paolo Lomazzo moriograve; a Milano "di malatia longa" nella sua casa di Porta Ticinese il 27 gennaio 1592.
(Mauro Pavesi)


Committente


La committenza fu della Scola di Santa Maria che gestiva la Chiesa. Infatti nel libro Mastro della Confraternita vi è la registrazione del del pagamento al Lomazzo documenta che. Negli anni Sessanta del Cinquecento gli scolari già pativano l'ingerenza di Cesare e Cristoforo Omati signori del paese. Se come testimone all'atto della commisisione della Pala appariva Cristoforo Omati possiamo ragionevolmente pensare come il fratello Cesare fosse il patrono degli affreschi supportati anche dall'ipotesi fatta dal professor Pavesi secondo cui il re mago con la mantellina rossa possa avere le sembianze di Cesare Omati.
Come per la Pala anche per la committenza a Giovan Paolo Lomazzo dobbiamo ipotizzare l'influsso dei fratelli Cesare e Cristoforo Omati, signori del paese.Il pagamento viene fatto dalla Confarternita ma sappiamo come già in quegli anni l'ingerenza degli Omati fosse gravosa all'interno della confraternita. Il professor Pavesi ritiene di poter riconoscere nel re mago con la mantellina rossa il ritratto di Cesare Omati.

Volta


Nelle vele della volta del presbiterio sono dipinti i 4 evangelisti.


Un aspetto mai notato è la derivazione da alcune incisioni di ambito raffaellesco, ora perdute, divulgate dall'opera di Agostino Veneziano, date alle stampe nel 1518 e da un'altra versione forse sempre del Veneziano a cui il Lomazzo trasse direttamente il personaggio di S. Marco, modificandone solo la veste, il bue di S. Luca, l'aquila di S. Giovanni, mentre dalla prima serie riprese le figure di S. Luca che utilizzò per il S. Matteo e semplificò la posa del S. Giovanni.

Marco con il leone


La vela di san Marco di Caronno può essere raffrontata con la figura dello stesso evangelista in un'incisione di Agostino di Musi (detto Veneziano).

Marco con il leone

Matteo con l'angelo


Confronto tra il volto dell'evangelista Matteo nell'affresco del Lomazzo con quello di Luca nell'incisione di Agostino Veneziano.

Matteo con l'angelo

Giovanni con l'aquila


L'affresco dell'evangelista Giovanni di Caronno accostato a un'incisione del Veneziano.

Giovanni con l'aquila

Luca con il bue


La figura del bue, simbolo dell'evangelista Luca nel dipinto da Giovan Paolo Lomazzo, può essere comparata con l'analoga immagine presente nell'opera di Agostino Veneziano.

Luca con il bue

Adorazione dei Magi


Nell'Adorazione dei Magi, davanti all'elegante figura della Madonna ed a quella classica di San Giuseppe, si affiancano dei personaggi venuti a rendere onore al Bambino. In primo piano la Madonna, con un gesto molto umano e ricco di sentimento trattiene un vivace Gesù Bambino. Davanti a Lui è inginocchiato per onorarlo, un anziano Re Magio regalmente vestito. Alle spalle della Vergine San Giuseppe riceve dalle mani di un altro Re Magio un vasetto contenente incenso, dono simbolico e beneaugurante per il figlio di Dio. (Cesare Omati).

A sinistra il Re Magio dalla pelle scura sembra guardarsi intorno attonito e aspetta che il piccolo moretto finisca di allacciargli la calzatura per poter poi andare a rendere omaggio al Bambino divino.Altre due figure, una di profilo e l'altra di tre quarti dal volto pieno e dai riccioli neri sulla fronte arrotondata, completano il gruppo dei personaggi in primo piano. Il corteo dei personaggi che accompagnano gli illustri ospiti si snoda in modo festoso e fastoso con i magnifici cavalli e cavalieri. Si notano animali di provenienza orientale come dromedari e cammelli dalle forme strane quasi a significare la provenienza da paesi lontani, mai visitati e misteriosi. Man mano che figure e animali si allontanano sul fondo perdono i loro contorni e si confondono con gli alberi che popolano quei colli. Anche il colore si amalgama con la vegetazione in un verde smorzato da nebbie apparendo cosiograve; molto lontane.

Fuga in Egitto


La scena appare di una delicatezza raffinata esaltata dall'intenso dialogo fatto di gesti e di sguardi tra la Madre ed il Figlio e dall'atto del Bambino di aggrapparsi al velo di Maria come si si intravede nell'incisione preparatoria lasciata sull'intonaco, e che appare modificato nella versione in pittura nella tenera carezza che sfiora il volto della Vergine. Su questi motivi compositivi si innesta il ricorso all'effetto del cangiante, esempi ne sono il risvolto del mantello di Maria abbigliata nel medesimo modo in tutte le Storie, che da verde trascolora nel giallo.

Natività


La semplicità e la povertà caratterizzano questa scena. L'ambiente è molto umile ed è definito da pochi dettagli. In primo piano la Madonna, dalla figura aristocratica e san Giuseppe dal volto incavato e dalla barba e capelli bianchi. Sono inginocchiati accanto al Bambino Gesù cosiograve; piccolo, indifeso e nudo, riscaldato solo dal bue ed all'asino. Sulla destra un pastore assiste con atteggiamento di stupore e di venerazione mentre a sinistra un altro umile personaggio inquadra simmetricamente la scena. In secondo piano c'è un gruppo di pastori dagli atteggiamenti classici (pose da statue greche) e dall'espressione stupefatta e attonita: sembra che si siano appena svegliati e non abbiano ancora capito se ciò cui assistono sia un sogno o realtà: un angelo è apparso a loro dal cielo annunciando la nascita del Salvatore.

Lo sposalizio della Vergine Maria


La lunetta della parete meridionale del presbiterio raffigura lo sposalizio della Vergine Maria con San Giuseppe. La scena qui dipinta trae origine dalla tradizione apocrifa (Protovangelo di Giacomo - Evangelo dello Pseudo Matteo) e dalla Leggenda Aurea di Iacopo da Varagine.


Giuseppe, già in età avanzata, si uniograve; ad altri celibi della Palestina, tutti discendenti di Davide quindi tutti i figli di stirpe reale, convocati a Gerusalemme dal sacerdote Zaccaria per individuare colui che avrebbe sposato la giovane Maria. Questi celibi avrebbero portato all'altare il loro bastone, Dio stesso ne avrebbe poi fatto fiorire uno, scegliendo cosiograve; il prescelto. Solo il bastone di Giuseppe era fiorito ma egli si schermiograve; facendo presente la differenza d'età, ma il sacerdote lo ammoniograve; a non disubbidire alla volontà di Dio. E' interessante notare come nell'affresco il sacerdote impugni vigorosamente l'avambraccio di Giuseppe quasi a fugare qualsiasi reticenza mentre dall'altro lato si limita a sostenere delicatamente il braccio di Maria. Intorno gli altri pretendenti spezzano i loro bastoni.

Quadrature


Il recente restauro ha permesso di "scoprire" l'elaborata quadratura prospettica affrescata nella seconda metà del Settecento quando la costruzione del nuovo altare richiese una nuova sistemazione dell'abside. La data certa della costruzione dell'altare ( 1768) permette di collocare l'opera in un corretto contesto temporale.


Le quadrature sono di un maestro anonimo, molto probabilmente da ricercare nell'area varesina. Sembra plausibile avvicinarlo al nome di Antonio Agrati, quadraturista la cui personalità si delinea negli ultimi anni del Settecento, in relazione alla leggerezza dell'architettura, alla fedeltà imitativa del marmo e all'esuberanza tridimensionale dei cartocci che si distinguono negli affreschi di Caronno. Caratteristiche ben presenti nella cappella di San Giovanni Evangelista in Sant'Angelo a Milano. La mano dell'Agrati, secondo recenti ancorchè prudenti interpretazioni, viene ravvisata nelle quadrature della cappella del Crocifisso nella vicina Chiesa di San Francesco in Saronno.
Il complesso e abile gioco prospettico che si inserisce con intelligenza e rispetto sullo spazio cubico del presbiterio, dilata illusionisticamente lo spazio conferendo all'ambiente un'ampia ariosità.

Cupola


Viene sviluppato il motivo di ampie arcate a tutto sesto sulle quali è impostato un alto tamburo di cupola illuminato da un ampio finestrone.

Arcate laterali


Oltre le arcate si intravede una sorta di deambulatorio, sormontato da una balconata, nel quale si aprono le vere finestre dell'abside, contornate da una ricca incorniciatura.

Altare


L'altare e le balaustre appartengono allo stesso impianto di sistemazione che ha previsto anche la quadratura prospetto


L'altare attuale viene commissionato nel 1768 dai deputati della Schola di S. Maria, con il consenso del feudatario Carlo Cavenaghi. Sostituiscono il cinquecentesco altare esistente, ormai in stato di degrado. Anche il nuovo altare, in stile rococò, è in legno policromo. Nei documenti, inviati alla curia per le necessarie autorizzazioni, viene giustificata, dal feudatario, la scelta, meno impegnativa economicamente, del legno con la necessità di risparmiare poichè le entrate della Chiesa sono poche e destinate ai poveri. Ne sarebbero danneggiati soprattutto gli infermi cui andava la parte maggiore dell'elemosina.

Balaustra


Risale a questa fase di rifacimento dell'altare la doppia gradinata in marmo e la balaustra che separa la navata dall'area abisidale.


Nella sacrestia è visibile un lavamani della stessa fattura.

Arcosolio


L'apparato pittorico, affrescato sull'arcone trionfale della chiesa della Purificazione di Maria, risale al secondo decennio del secolo XXVII (1615 ca.) e rappresenta l'ultimo intervento decorativo di rilievo sia dal punto di vista qualitativo che dimensionale.

Gloria Assunta in cielo tra gli angeli


La grandiosa scena dell'Assunzione di Maria tra angeli musicanti è inserita in una fastosa architettura dipinta, tra cornici con fregi dorati, medaglioni a monocromo, cartigli di volti di cherubini e festoni di frutta.


Gli angeli musicanti, rispettivamente il secondo a sinistra e il secondo a destra, ripetono la posa delle gambe e dello strumento, oltre che la foggia delle vesti delle figure d'angelo affrescate sulla volta della campata antistante la cappella di San Giovanni in San Francesco a Saronno.

Annunciazione


Il tema dell'annunciazione, sviluppato a cavallo dell'arco che immette al presbiterio, rappresenta una soluzione largamente utilizzata in numerose chiese e oratori del circondario.
Le figure dell'Arcangelo Gabriele e della Madonna, degli affreschi di Caronno, ruisultano convenzionali, caratterizzati tuttavia da panneggi dalle linee morbide.

Arcangelo Gabriele annunciante


L'angelo annunziante, secondo una iconografia rinascimentale particolarmente diffusa in Italia centrale, viene ritratto genuflesso e benedicente, mentre reca nella mano sinistra il giglio, simbolo di purezza.

Madonna Annunciata


La vergine Maria è raffigurata in preghiera su di un pregiato inginocchiatoio intagliato mentre una colomba, simbolo dello Spirito di Dio, avvolta da una vivida luce si posa su di Lei. Un drappo verde e una colonna conferiscono un tono di raffinatezza alla sobria scena.

San Carlo


Nella parte inferiore dell'arcosolio trovano posto i dipinti di due santi che si sporgono dalle nicchie "trompe l'oeil", anch'essi caratterizzati da panneggi dalle linee morbide.

A sinistra è la figura di San Carlo. La presenza in questa chiesa dell'immagine del Borromeo, con il pastorale che riproduce quello originale ancora conservato in Duomo, costituisce un'ulteriore testimonianza di come il culto per questo santo fosse fervido e popolare fin dal momento della sua morte avvenuta pochi anni prima.

San Biagio


A destra è affrescato San Biagio, il vescovo-martire di Sebaste d'Armenia.
La sua professione di medico, le sue specifiche virtù taumaturgiche (la leggenda narra di un bambino, che stava per essere soffocato da una grossa lisca conficcatasi nella gola, venne miracolosamente salvato dal santo) e gli strumenti utilizzati per il suo martirio (pettini metallici per scardare la lana) lo hanno consacrato protettore della gola, degli otorinolaringoiatri e dei lavoratori della lana.
La presenza dell'affresco di San Biagio sembrerebbe dovuta, più che a una diffusa forma di culto, all'opportunità di conferire più enfasi alla festa patronale della chiesa (2 febbraio celebrazione della Purificazione di Maria, detta anche Candelora) prolungandone la durata anche al giorno successivo, data della ricorrenza canonica del santo. La festa della Purificazione di Maria e quella di San Biagio erano accomunate, peraltro, da alcuni riti e suggestioni incentrati sulla simbologia delle candele.

Scheda tecnica


Il ciclo pittorico dell'arco trionfale è da datarsi dopo il 1610. Il recente restauro ha portato alla luce piccole porzioni di un fregio decorativo preesistente, che affiorano ai margini, lungo i muri laterali della navata.
La visita pastorale del 1569, infatti, attesta la presenza di affreschi sull'arcone trionfale raffiguranti una gloria di angeli cui possono appartenere i fregi ritrovati.


Descrizione


La grande lunetta soprastante, reca la Gloria di Maria Assunta tra gli angeli. Al di sotto del cornicione, ai lati dell'arco che introduce al presbiterio sono rappresentati l'Annunciazione e più sotto San Carlo a sinistra e S. Biagio a destra.


Autore


Questo complesso di affreschi è probabilmente opera di un artista della cerchia di Giovan Battista De Advocatis, il quale utilizzò modelli e invenzioni del maestro senza però la sua supervisione. Sebbene nel ciclo di Caronno non sia evidente la mano del De Advocatis, la decorazione nel suo complesso presenta forti analogie con gli altri esempi di questa bottega della quale è stato rintracciato un nucleo di pitture realizzate tra il 1605 e il 1620.
Nell'insieme si riscontra la partecipazione di più mani: l'esecutore dei due santi e dell'Annunciazione e almeno altre due mani nella lunetta.

Il sito


La Chiesa della Purificazione è uno dei luoghi più antichi, insieme all'oratorio di San Bernardino, del territorio di Caronno, simbolo di perdurante devozione nei secoli ma anche luogo di significativi riferimenti storici, oltre che artistici.


La Chiesa della Purificazione

L'area su cui sorge la Chiesa fu frequentata fin dall'età tardo romana e lungo i secoli del Medioevo.


Le indagini archeologiche, eseguite nei settori dell'edificio in cui era previsto il nuovo impianto di riscaldamento, hanno portato alla luce alcuni edifici preesistenti inquadrabili tra l'epoca tardo romana e l'Altomedioevo. Sono finora le uniche attestazioni di una frequentazione a Caronno anteriore all'anno Mille.


Scavi nell'area della navata

La campagna archeologica ha individuato cinque fasi di frequentazione dell'area su cui sorge la Chiesa. Riferiti alla prima e alla seconda fase sono stati rinvenuti resti di fondazioni, lacerti murari e trincee di asportazione di tre edifici.

Fase 1: Edificio A


Nell'angolo nord-est della navata è stato rinvenuto un lacerto murario di m 0,90 di lunghezza e di m 0,35 di larghezza. Realizzato in ciottoli legati da limo sabbioso, doveva svilupparsi oltre il lato nord della chiesa. In base ai rapporti stratigrafici con le strutture successive può essere datato approssimativamente all'epoca tardo romana.


Edificio A: lacerto murario

 

Fase 2: Edifici B e C


Ad un'epoca successiva sono riferibili resti in fondazione e trincee di asportazione dei muri perimetrali di due edifici distinti (Edifici B e C).
L'incompletezza degli edifici, il ritrovamento di un solo fondo di ceramica, l'assenza di strati d'uso impediscono di datare con certezza gli edifici.
Anche la datazione di età tardo antica e alto medievale deve essere presa con cautela.
Gli edifici hanno lo stesso orientamento ma forse sono stati realizzati in momenti diversi considerate le tecniche costruttive differenti e i materiali diversi impiegati.
Entrambi gli edifici si estendevano oltre il perimetro della Chiesa.


Edificio B: dettaglio dei muri

 

Fase 3: La sepoltura di bovino


Le indagini archeologiche hanno portato alla luce un esemplare completo di bovino in connessione anatomica, riferibile alla terza fase. Di circa quattro anni di età è di taglia piccola (altezza al garrese 112 cm.) minore anche a quella della razza Jersey (altezza al 125-130 cm. al garrese) considerata la più piccola. Il bovino era in una buca ovale (Nord- Sud) tagliata nella struttura muraria dell'edificio C ormai non più in uso.


Scheletro di bovino

La moneta


Appoggiata all'osso della mandibola del bovino è stata rinvenuta una moneta d'argento, a nome di Federico II imperatore. La presenza della moneta rimanda al carattere rituale della sepoltura.


La moneta: fronte e retro e nel luogo di ritrovamento

Per la datazione della sepoltura si possono fare due ipotesi:
a. il periodo compreso tra il 1180 circa e il 1300 quando i denari federiciani erano in circolazione
b. un periodo successivo quando la moneta non era più in circolazione, forse in relazione con la fondazione della cappella di Santa Maria.

La funzione strategica dell'area


I resti degli edifici, precedenti la cappella di Santa Maria, rimandano a costruzioni in muratura, di non piccole dimensioni. Queste tracce aprono all'ipotesi che il sito fosse di rilevanza strategica, non di proprietà individuale ma con una funzione comunitaria. Alcuni documenti del fondo appartenente al Monastero benedettino fruttuariense di San Pietro, presente in Caronno dai primi anni del XII secolo alla metà del XV, supportano questa ipotesi.


Arco del Monastero di San Pietro

Il castrum


Tra le carte del monastero di san Pietro due documenti del 1135 attestano transazioni di terreni situati dentro e fuori il castrum nelle vicinanze della villa o dentro la villa.
In un documento del 1130 si fa riferimento inoltre a un sedime con viti dentro la villa confinante a sud con il fossatum. Esistevano quindi il castrum, la villae un fossato. Un'altra carta del monastero cita una via ad Castellum che potrebbe essere identificata con il tracciato che dalla villa (zona della Chiesa parrocchiale) portava al castrum cioè al crocevia che ancor oggi appare in lieve rialzo, cioè al sito dove poi fu costruita la Cappella di Santa Maria.

Usando come traccia la carta del "Catasto Teresiano" si è ricostruita una ipotetica localizzazione di alcuni elementi urbanistici del locus di Caronno nei secoli XII-XIII.

Il comune rurale


Le carte del monastero di san Pietro ci permettono inoltre di affermare l'esistenza di istituzioni comunali menzionando consulles et vicini. Un'ulteriore conferma viene da un atto di vendita del 1135 che menziona con il termine "vigano" l'esistenza di proprietà appartenenti alla communitas.


Un ulteriore avvallo che il sito dove sorge la chiesa fosse luogo delle istituzioni comunali è dato dal fatto che la confraternita della communitas, denominata "di Santa Maria" fondò la sua cappella in questa area come hanno mostrato gli scavi archeologici.

La fabbrica


L'attuale Chiesa della Purificazione era chiamata "Santa Maria la Nova" già nei primi decenni del Cinquecento. L'appellativo "nova" è giustificato dall'ampliamento della preesistente cappella di Santa Maria, per costruire l'impianto odierno della Chiesa. Il nome Chiesa della Purificazione, che fa riferimento alla dedicazione avvenuta dopo il 1560, appare negli atti ufficiali della visita pastorale del 1621 quando il visitatore la cita come "Chiesa di Santa Maria della Purificazione".


Restauro arcone

La cappella di Santa Maria


Gli scavi archeologici eseguiti durante il recente restauro hanno riportato alla luce nell'area dove sorge la chiesa l'impianto di un edificio di culto a navata unica di mt. 12,5 x 7,30 con il fronte di facciata arretrato di circa 6 metri verso est rispetto all'attuale. Questa cappella era di appartenenza della omonima scola.

Nella lettera apostolica di Leone X del 19 marzo 1512, si legge che la scola esisteva in Caronno da circa cento anni. Non sappiamo se il sodalizio avesse costruito la cappella di Santa Maria già nel 1412; la fonte più antica finora in nostro possesso è la relazione della visita pastorale alla Pieve di Nerviano dell'agosto 1455 dell'Arcivescovo Cardinale Gabriele Sforza nella quale si menziona la Cappella di Santa Maria in Caronno e il cappellano, in essa officiante, Gabriele de Casteliono.


Relazione della visita pastorale dell'agosto 1455

Durante l'ultima campagna di restauro, sulla parete nord tra la cappella di Santa Caterina e il Presbiterio è stato riportato alla luce un frammento di affresco che raffigura un braccio con abito religioso, forse un saio francescano. Il frammento è riconducibile al XV secolo e quindi presumibilmente riferibile alla cappella di Santa Maria.


Frammento di affresco riportato alla luce

La costruzione della Chiesa di Santa Maria Nova


Per datare l'edificazione e gli interventi sulla fabbrica dei primi decenni del Cinquecento si fa riferimento a un documento non coevo: gli appunti che l'ingegner Cristoforo Buttafava, Presidente della Congregazione di Carità, stende nel 1864 mentre legge il libro mastro della Chiesa Nuova ora perduto.

La costruzione della Chiesa avvenne in fasi successive dal 1483 alla metà circa del Cinquecento

Allungamento della navata verso ovest di circa 1/3


In questa fase venne dapprima costruito un divisorio trasversale (largo cm. 40), all'altezza dell'attuale ingresso laterale. Aveva la funzione di permettere le celebrazioni di culto anche durante i lavori che si protrassero per molti anni.


Muro divisorio trasversale

Poi venne rasata fino al livello di fondazione la facciata della cappella di santa Maria. I recenti scavi hanno riportato alla luce questa poderosa fondazione muraria, larga 55 cm.

Fondazione muraria, larga 55cm

 

Si prosegue con l'allungamento dei muri perimetrali: i muri perimetrali nord e sud rimangono invariati per posizione ma prolungati verso ovest.


Prolungamento area verso ovest

L'allungamento dell'aula copre il sagrato della Cappella di Santa Maria e l'area cimiteriale di cui sono state portate alla luce alcune tombe.


Area cimiteriale

 

Venne infine costruita la facciata, totalmente rifatta poi negli anni Settanta/Ottanta del Cinquecento.


Dopo l'allungamento della navata, il 21 aprile 1500 la chiesa viene benedetta dal parroco Gerolamo Spaldi e officiata per la prima volta.


Appunti dell'ing. Cristoforo Bittafava del 1864 (archivio comunale di Caronno Pertusella)

 

Costruzione del campanile


Il 24 marzo 1545 viene saldata la spesa per il campanile che costò lire 368,12.
Il campanile può essere considerato una torre civica perché appartenente alla communitas del luogo.
Era dotato di orologio che veniva regolato dal cappellano della Chiesa. Le campane chiamavano in adunata il popolo e segnalavano pericoli imminenti.


Il campanile

 

Costruzione delle cappelle laterali


Le due cappelle, percepibili come spazi aggiunti anche a occhio inesperto, appartengono ad un afase di ampliamento della chiesa. Non è stata rinvenuta alcuna documentazione scritta sulla data di costruzione delle cappelle laterali. Secondo un'ipotesi in seguito agli scavi archeologici potrebbero risalire agli anni della costruzione del campanile. Vengono menzionate nella relazione della visita pastorale del 1566.


Spaccato 3D della zona delle cappelle laterali

La cappella a nord, di Santa Caterina, che nel 1566 era dedicata a san Sebastiano con un altare costruito dagli scolari, nel 1596 è ornata e dipinta su commissione di Cesare Omati. A questi che fu capitano dei fanti di Carlo V è dedicata l'epigrafe (datata 1611) della nipote Dorotea Alciata sua erede e del marito di questa Giovanni Giacomo Rainoldi. Un'altra lapide del 1658 ricorda il trasferimento della cappellania di san Bernardino, di iuspatronato degli Omati, all'altare di questa cappella. Queste due lapidi provano che la cappella, in origine degli scolari, a fine Cinquecento apparteneva a questa famiglia milanese che aveva in paese estese proprietà.


Gli ultimi restauri hanno riportato alla vista, la finestra centrale che era stata coperta e hanno evidenziato la presenza di un vero impianto decorativo che aveva al centro la figura di Santa Caterina. Appaiono ora leggibili anche gli affreschi dell'arco d'ingresso tra cui uno stemma gentilizio.
Le pessime condizioni non ne permettono l'attribuzione araldica ma i documenti rimandano alla famiglia Omati.

La cappella di Santa Caterina

Lapide sinistra della cappella di Santa Caterina

Lapide destra della cappella di Santa Caterina

La cappella a sud viene descritta fino al 1621 come disadorna e non dedicata a un santo.
La visita del 1740 documenta, invece, la dedicazione a Sant'Anna Matrona. Nel 1761 la cappella era impreziosita da una tavola egregiamente dipinta che ritrae Sant'Anna e San Gioacchino. Il dipinto è stato trafugato in anni recenti.

Veduta dall'esterno della cappella di Sant'Anna

Dipinto che ritrae Sant'Anna e San Gioacchino

 

Ampliamento dell'aula absidale


A metà del Cinquecento l'area absidale quadrata venne ampliata con una nuova abside a pianta semicircolare e fondazione poligonale. Un nuovo altare è collocato a ridosso della parete orientale dell'abside. Una fonte scritta documenta spese dal 9 marzo al 5 settembre 1558 per l'intagliatore, l'esecutore e il dipintore di un'ancona trasportata da Milano a Caronno. L'ancona sarà poi descritta con quattro colonne binate di legno dorate, intagliate con maestria e nella parte sovrastante una pregevole cornice.


Bozzetto di Angelo Caldera

Una nuova decorazione dell'abside


Nell'ancona fu posto il dipinto su tavola raffigurante La presentazione al Tempio.
L'opera fu commissionata a Bernardino Campi da Benedetto de Turri, priore e cassiere della scola con un contratto rogato l'8 febbraio 1560 in Milano dal notaio Pietro Francesco Premenughi.
Negli stessi anni vengono dipinti gli affreschi delle pareti e della volta del presbiterio dal pittore Giovan Paolo Lomazzo. Il libro mastro riporta il pagamento al famoso pittore di Lire 590 nel 1566.

La copertura a volta della navata


Tra il 1583 e il 1596 venne costruito il soffitto a volta. Già nel 1570, quando san Carlo venne in visita, gli scolari avevano dichiarato l'intenzione di compiere questa ristrutturazione.


Schema del soffitto a volta

Il sottotetto

 

Gli interventi nei secoli


Con i lavori di ampliamento e di costruzione della volta la chiesa assunse la struttura architettonica attuale. Nei secoli seguenti vennero fatte riparazioni e modifiche che non mutarono l'impianto cinquecentesco.


Il cantiere durante i lavori di restauro

XVII e XVIII secolo


Da datarsi dopo il 1610, anno della canonizzazione di san Carlo, sono i dipinti dell'arcosolio ad opera di un artista della cerchia di Giovan Battista De Advocatis.
Nel 1768 l'altare cinquecentesco viene sostituito con l'attuale, in legno dipinto.
A questa fase di rifacimento risale la gradinata in marmo e la balaustra che separa la navata dall'area absidale.
Sempre di questi anni sono le quadrature prospettiche che dilatano illusoriamente lo spazio attorno all'altare, attribuite all'ambito di Antonio Agrati.


Veduta della navata in un'immagine d'archivio

Il progetto dell'altare

La balaustra che separa la navata dall'area absidale

XIX-XX-XXI (ultimo restauro)


In sintesi questi sono gli interventi operati nei secoli XIX-XX:

L'ultimo recente restauro è avvenuto secondo un progetto in due lotti:
1.a. Lavori di bonifica, consolidamento e messa a norma dell'edificio (avviato il 10 novembre 2008).
1.b. Restauro delle superfici esterne e della navata
2. Conservazione degli affreschi e dell'abside (avviato il 10 giugno 2010).
I lavori sono terminati alla fine del 2010 e la chiesa è stata riaperta al culto il 4 febbraio 2011.


Restauratori al lavoro

Dettaglio degli scavi e schema degli interventi

Nel 2011 è stato avviato il restauro del dipinto La Presentazione di Gesù al tempio di Bernardino Campi posto sull'altare maggiore.


La presentazione di Gesu al tempio in un'immagine d'archivio

 

La scola


La scola di santa Maria era il sodalizio cui appartenne dapprima la Cappella di Santa Maria, poi l'omonima chiesa. Era l'espressione della communitas cioè dei capifamiglia del paese che si occupava della gestione ordinaria della vita comune, in subordine ai signori del luogo.

Le origini


Sappiamo da una lettera apostolica di Leone X del 19 marzo 1512 che la scola di Santa Maria è presente in Caronno da cento anni quindi dal primo decennio del XV secolo. Investendo le donazioni dei fedeli aumentavano i beni la cui rendita permise di costruire e gestire la cappella prima e poi la Chiesa di Santa Maria. Nominavano un sacerdote che celebrava quotidianamente, al quale garantivano la rendita del beneficio e una casa di abitazione.
Quando il 21 aprile 1500 la chiesa viene benedetta, la scola fu rifondata dal parroco Gerolamo Spaldi che nominò come capi Lorenzo Reina, Tommaso Lattuada e Pedrolo Turri.


Righe introduttive del privilegio che investe la Scuola di Santa Maria Nova, nella persona del priore Benedetto de Turri, dell'amministrazione perpetua della chiesa e del beneficio ecclesiastico

Nel 1570 la scola era governata da quattro deputati: due maneggiavano le granaglie, due la cassa.
Dalle origini i beni venivano impiegati per le elemosine ai poveri, per il compenso al cappellano che celebrava ogni giorno, per la fabbrica della Chiesa. I quattro deputati vengono eletti dalla communitas, cioè dai capifamiglia.
Fino a metà Cinquecento la scola amministrò in autonomia i beni del cospicuo beneficio. In seguito i documenti attestano un'ingerenza pesante degli Omati e, dal Seicento, dei conti Rainoldi feudatari del paese.


Documento del carteggio relativo alla visita pastorale di san Carlo a Caronno nel 1570. Si informa sull'organizzazione e sulle finalità della scuola di Santa Maria.

Copertina e prima pagina della vacchetta. Ordini da osservarsi dalli Deputati della Chiesa Nuova di Carono pieve di Nerviano e Successive Elezioni d'Essi Deputati fatte dalla casa Rajnoldi. Inventari di essa Chiesa delli anni 1616 1643.</i>Le elezioni registrate vanno dai primi anni del Seicento alla fine del Settecento.

L'ultimo verbale di elezione dei deputati sottoscritto dal feudatario Carlo Giorgio Rajnoldi porta la data del 23 febbraio 1770. Altra documentazione successiva non è stata riscontrata. In realtà dalla fine degli anni Settanta del Settecento, il controllo dello stato asburgico sulle confraternite, già avviato da Maria Tersa, fu maggiormente regolamentato dal figlio Giuseppe II. Il governo napoleonico istituiograve; in ogni comune le Congregazioni di Carità alle quali veniva trasferita l'amministrazione dei beni dei Luoghi Pii. Negli anni della restaurazione il parroco era il referente dell'autorità statale dei luoghi Pii e quindi anche del luogo Pio della Chiesa Nuova.
Con il regno d'Italia tutti i beni destinati alla beneficenza passarono alla Congregazione di Carita che ogni comune doveva istituire.
Con il governo fascista i compiti e i beni delle Congregazio ni di carita passarono all'ECA, Ente Comunale di Assistenza.


Editto di Giuseppe II, 31 ottobre 1787. Tra le disposizioni contenute alcune riguardano l'istruzione del Clero secolare e regolare. Si stabiliscono anche le congrue dei Parroci (1200 lire annue) e dei Coadiutori (700 lire).

Decreto di approvazione dello Statuto della Congregazione di Carità di Caronno Milanese, datato 27 settembre 1878

 

La Chiesa


La chiesa, la cui costruzione fu avviata alla fine del secolo XV e completata nel secolo seguente, presenta tuttora l'assetto cinquecentesco. Le ristrutturazioni, susseguitesi nei secoli non hanno modificato la pianta originaria.
La Chiesa, libera su tutti i lati del perimetro, salvo quello a ridosso della sacrestia, è composta da:



La Chiesa della Purificazione

 

Esterno


I muri a nord e a sud, in corrispondenza degli interassi delle campate, presentano otto paraste tuscaniche (quattro per lato). Le paraste alle estremità risvoltano sui fronti opposti dell'aula formando i piedritti dei due timpani. I capitelli delle paraste e il cornicione che corona i fianchi e i timpani delle due testate sono composti da elementi in cotto, su cui permangono estesi lacerti dell'antica finitura con intonachino di calce.


Veduta dei muri laterali a sud

 

La facciata


La facciata a ovest è coronata da un grande timpano. Il portale maggiore e quello dell'accesso laterale alla chiesa sono coperti da timpani minori. Una finestra a tutto sesto è affiancata da due nicchie.
Sotto la trabeazione, al centro dei pannelli murari fra le paraste, si aprono sei finestroni semicircolari.


Veduta della facciata

 

Campanile


Il campanile costituisce un punto di riferimento visivo di particolare suggestione. Si innalza molto snello sul lato prospiciente via Adua, all'innesto fra la navata e il presbiterio. A pianta quadrata, ha un volume regolare e ben definito. Una porta speculare a quella della sacrestia lo mette in comunicazione con il presbiterio.
Durante il restauro è stata rintracciata una meridiana, posta a metà circa del campanile, presente solo a livello di incisione. Poco sotto una fascia decorativa, parzialmente conservata con frammenti di colore, potrebbe aver avuto la funzione di demarcare la meridiana. Poco al di sopra del piede, lungo la muratura verso sud, sono visibili esili frammenti di pittura contenuta all'interno di una cornice in cotto.


Il campanile

Il campanile

 

Interno


La chiesa è costituita da un ambiente principale, sul quale affacciano le due cappelle laterali e il presbiterio con la sporgenza dell'abside.


La navata


La navata, che costituisce il corpo volumetricamente preminente è coperta dalla successione di tre crociere, una per ogni campata.
Si presenta come un'unità spaziale e architettonica ben definita, dalle pareti spoglie e intonacate fino alla sommità. Questa povertà decorativa dell'aula contrapposta alla ricchezza dei dipinti dell'arco trionfale e dell'abside si è mantenuta nel corso dei secoli, come appare dalla lettura delle relazioni delle visite pastorali. Dai recenti saggi di descialbo sono emersi nella navata alcuni motivi architettonici dipinti a calce. Vi era forse l'intento di ripetere il modulo delle due cappelle simulando la presenza di varchi simmetrici in ognuna delle altre campate. Un simile impianto decorativo non si rileva dai documenti ma si potrebbe ipotizzare, per ragioni stilistiche, una datazione secentesca.


La navata

La navata

 

Il presbiterio e l'abside


Il corpo rettangolare del presbiterio è più basso rispetto alla navata ed è coperto da una crociera di minor altezza. L'absidiola, sporgente dal presbiterio, è invece coperta da calotta sferica.


Veduta esterna dell'abside in un'immagine d'archivio

Veduta esterna dell'abside

 

Le cappelle


Le cappelle, voltate a botte, presentano il medesimo impianto architettonico. La cappella di Sant'Anna aveva tre aperture di cui quella principale, a mezzogiorno, venne parzialmente tamponata durante i lavori del 1847, quando le pareti furono decorate con l'impianto reso visibile dall'ultimo restauro. La foggia dei balaustrini in marmo nero rimanda (cosiograve; come per l'altare maggiore) a quella dei basamenti affrescati sul parapetto delle finestre laterali dell'abside.


Nella cappella di Santa Caterina l'ultimo restauro ha riaperto la finestra che era stata tamponata alterando l'impianto simmetrico con la cappella di Sant'Anna.


La cappella di Santa Caterina Martire

La cappella di Sant'Anna Matrona

 

Committente: Comune di Caronno Pertusella

Concept: Alessandro Morelli, Pierangela Zaffaroni, Pierangelo Colombo

Testi: Pierangela Zaffaroni, Pierangelo Colombo, Paola Monti

Panoramica abside: Alessandro Morelli, Pixeloose Studio

Referenze fotografiche: Pierangelo Colombo, Centro Fusetti - Saronno, Archivio Comune di Caronno Pertusella

Software: Pixeloose Studio, Milano

Bibliogafia: Chiesa della Purificazione Caronno Pertusella - Alinea Editrice - a cura di: Pierangelo Colombo, Paola Monti, Pierangela Zaffaroni

L'opera è stata realizzata con il contributo della Regione Lombardia in attuazione del progetto "Intervento di restauro su pala d'altare di Bernardino Campi e sua valorizzazione culturale".

© Pixeloose Studio - Comune di Caronno Pertusella